Burkina Faso 2011: diario di viaggio degli ultimi giorni. #12scatti

Eccomi di nuovo qui con il resto del diario di viaggio che vi avevo promesso. So benissimo che e` un post molto lungo.. ma vale davvero la pena prendersi un po’ di tempo per leggerlo per intero.. Non me la sono sentita di “spezzarlo” ulteriormente anche per non interrompere troppo il flusso di eventi qui raccontati :)

Sto finendo di organizzare le foto che hanno fatto e di pubblicarle e inoltre sto finendo di montare i vari video girati; alcuni sono davvero stupendi.

Spero sia per voi una gradevole lettura:)

Simona

5° giorno (mercoledì 16)

Decisamente la giornata più massacrante!

Partenza alla solita ora, dopo colazione. Destinazione Mogtedo per visitare 4 villaggi; nell’ordine:

  1. Bomborè V6
  2. Rapadama V7
  3. Mancarga V5
  4. Bessin-Noghin

La strada per Mogtedo è lunga, ma niente rispetto a quello che ci aspetta…

Bomborè V6

A Mogtedo c’è il mercato.

Lungo la sterrata che imbocchiamo, subito a sinistra una interminabile teoria di gente a piedi, su carretti trainati da somarelli stanchi, motorini e  biciclette traboccanti fino all’inverosimile di tutto ciò che la vostra fantasia può sbizzarrirsi ad immaginare, e anche di più.

Stie stracariche di polli, capretti con le quattro zampe legate a ciuffo e sdraiate dentro ceste semicilindriche, non proprio a loro agio… Il tutto avvolto da un polverone rossastro, sollevato al vento da tutto questo andirivieni di gente e motori.

La sterrata non tarda a diventare una semplice traccia nella “brousse”, che si incrocia in continuazione con altre tracce di sentiero, perpendicolari, confluenti, oblique, divergenti (che ti viene da chiedere, ma perché Marcel ha imboccato questo e non quello, o quell’altro ancora…), e anche parallele dove è necessario aggirare i punti più sconnessi e dilavati dall’acqua delle grandi piogge per superare il letto dei torrenti in secca.

Ci fermiamo diverse volte per chiedere indicazioni. Vi risparmiamo il resto e vi portiamo direttamente sul posto, dopo due ore di marcia da Koupela e 40 chilometri circa di sterrate da Mogtedo! Ci concedete di essere un po’ stravolti? (già, ma ancora il bello deve venire…).

Il pozzo è di quelli realizzati da circa due anni, è perfettamente funzionante e serve una comunità di circa 5.000 persone (!), coadiuvato da un solo altro “collega” situato a circa 400 metri di distanza.

Monta una pompa India; in genere siamo un po’ contrari: a noi notoriamente piace più la Volanta. Ma Barnabè ci spiega il valido motivo tecnico: dove il terreno è più friabile il cilindro della Volanta tende ad usurarsi più rapidamente sotto l’azione abrasiva della sabbia sottile, cosa che non capita con la India (e dopo questa erudita spiegazione tecnica, ci teniamo per noi le emozioni e le sensazioni del contatto con la gente locale e soprattutto… ormai lo sapete).

Rapadama V7

Ripartiamo. Rita si sposta sul sedile verso di me perché dalla sua parte batte il sole. Non ci soffermiamo sulle condizioni della strada perché ormai non interessano più nessuno. Ma ai bordi cominciamo ad intravedere prima gruppetti sparsi, poi mucchi di donne (con bambini al seguito) dedite ad una strana occupazione: scavano buche nel suolo arido, accumulando il terreno di risulta in piccoli mucchietti sul bordo dello scavo. Il terreno circostante, tra gli arbusti, è pieno di questi coni polverosi. Nel nostro migliore inglese, con Alexì che parla solo francese, chiediamo lumi. Alexì fa uno strano gesto, ci mostra la fede: “they find gold!”.

Sì, è proprio così: sono cercatrici d’oro! E riusciremo anche a vederlo, per voi scettici che non ci credete.. Ci rendiamo improvvisamente conto di una cosa strana: Massimo si sposta verso Rita per sfuggire ai raggi diretti del sole. Ma… stiamo viaggiando in senso opposto… Torniamo indietro!

Vi risparmiamo il racconto di tutte le volte in cui ciò è successo, in particolare in concomitanza con le richieste di indicazioni agli occasionali compagni di viaggio. Ci rendiamo conto con disperazione che stiamo girando in tondo, non sapendo bene per dove e, soprattutto, per quanto!

Sopportiamo strenuamente buche, caldo e sete, certi che comunque raggiungeremo la meta. E la nostra fiducia è premiata: per approssimazioni successive arriviamo in vista della ruota inconfondibile della pompa Volanta! La prima occhiata ci lascia un po’ perplessi. Il pozzo, realizzato anch’esso da circa due anni, funzione egregiamente, serve una popolazione di 600 persone insieme ad un secondo distante circa un chilometro. Ma…

Ma sta proprio di fronte ad un aggregato unifamiliare, isolato e lontano da altre abitazioni, quasi ne fosse ad esclusivo servizio. In più…

In più scopriamo che quel nucleo familiare è un lontano parente di Paperon de’ Paperoni quando da giovane cercava …oro nel Klondyke!

In effetti è una famiglia di cercatori d’oro, che con l’acqua dilavano la terra per far emergere il prezioso metallo. Che possiamo vedere e fotografare (per la verità in minima quantità) sul fondo del catino di metallo, noto attrezzo del mestiere. Sarà tutto ciò un caso…? Foto, caramelle e via.

Mankarga V5

Sono circa le due del pomeriggio, non abbiamo mangiato e siamo ancora a metà! Tralasciamo il resoconto degli ulteriori tre quarti d’ora necessari per raggiungere Mankarga V5. diremo solo che lungo il tragitto riconosciamo la chiesetta di Mankarga V4 dove due anni fa ci hanno accolto col comitato d’onore e Stefano ha posato la prima pietra… e i ricordi riaffiorano. Anche Mankarga V5, come tutti i villaggi di questa zona, è posto in una zona arida e in c…odesta parte del mondo che non si può dire!

Anche per questo motivo riteniamo che i pozzi di questa zona sono tutti ben posizionati. La comunità è molto numerosa e sparsa su un territorio molto vasto. Tre pozzi (compreso il nostro) danno refrigerio a circa 1.500 persone, che diventano 2500 nell’intero territorio circostante, servito complessivamente da quattro pozzi. La pompa Volanta è in funzione da circa due anni; ci segnalano un problema di scarso deflusso dell’acqua, probabilmente legato ad un malfunzionamento del cilindro di pompaggio che ha bisogno di essere sostituito. Che sia il problema segnalato da Barnabè? Appena lo vediamo gli segnaleremo la necessità di intervenire. Siamo in ritardo. Rilevazione. Foto di rito. Distribuzione di caramelle. E via…

Bessim-Noghin

E’ in tutt’altra zona, ovviamente… Strada di ritorno fino a Mogtedo, interminabile a quest’ora!

Superato Mogtedo in direzione Koupela, raggiunto l’abitato di Zorgho, un’ampia sterrata rossastra a sinistra si inoltra verso nord. Ovviamente ce la lasciamo presto alle spalle, infilandoci per una stretta traccia che a tratti diviene il letto di un secco torrente e ci costringe a deviazioni su tracciati paralleli. Ad un certo punto quasi entriamo in “casa” di qualcuno, che si affretta ad indicarci la via (anche per non rischiare di vedersi abbattute le capanne con il Toyota).

Finalmente, dopo un misto tra rally e gincana tra gli alberi, raggiungiamo il pozzo! Realizzato negli ultimi due anni, azionato da una pompa India, serve una comunità di circa 600 persone, insieme ad un secondo distante oltre un chilometro. Nel frattempo si è accumulata gente. Effettivamente la stanchezza si fa sentire. Ma non ci impedisce di effettuare le rilevazioni del caso, scattare ancora foto (tante!) e distribuire le caramelle residue ai bambini festosi.

La via per il ritorno è decisamente più agevole …ma lunga! L’ampia sterrata rossastra passa per fortuna da Puitenga, famoso centro di scambio merci e mercanzie che richiama commercianti e acquirenti da tutte le città e centri vicini e lontani (“Big Market”, come dice Alexì). Ma soprattutto sede di un delizioso localino, veramente ben arredato e ben curato, che non ti aspetti in queste zone e che non è intuibile dall’esterno.

Ma il nostro cicerone è in gamba… Soprattutto quando, alle cinque e mezza del pomeriggio ed una giornata come questa alle spalle, non desideri altro che una bella birra fresca in compagnia (e stavolta anche una per Rita e una per Massimo!) Serata rilassante. Serata in famiglia…

E’ veramente piacevole conversare con due persone meravigliose come Gualtiero e Marisa. Ci ritroviamo in sintonia su tanti argomenti. Apprendiamo con piacere che la loro associazione opera a pieno ritmo con continue delegazioni di medici e infermieri che si alternano per portare aiuto ai burkinabè. Tra l’altro, è una buona occasione per gustare l’ottima cena preparata da Marisa. Pensate che …Rita ha anche mangiato la carne!

6° giorno (giovedì 17)

Stamattina partiamo per un programma più rilassante, o almeno così ci dicono i nostri due (ormai) amici.

Visiteremo l’ultimo tra i pozzi già realizzati, e quindi verificheremo tre delle nuove proposte da finanziare; in dettaglio:

  1. Nakom-Nabin
  2. Keepalgo
  3. Kugbiisi
  4. Ouadgin

Ma prima un passaggio veloce alla stazione degli autobus a ritirare (finalmente) la nostra valigia dispersa. Abbiamo le caramelle!!

Nakom-Nabin

Partiamo dopo colazione imboccando l’autostrada che da Koupela porta a sud, verso Tenkodogo. La città sembra grande, più simile a Ouaga che a Koupela. I contrasti sono evidenti tra pretenziose costruzioni a più piani, benzinai alla europea, negozi con vetrine e manichini da un lato, e le solite costruzioni in mattoni di fango e paglia. nei cui recinti convivono uomini e animali…

Dal centro di Tenkodogo svoltiamo a sinistra, tra bancarelle affollate e via vai di biciclette e motorini; presto la strada diviene però una sterrata a scorrimento veloce, che si snoda in un paesaggio più vario e mosso rispetto a quelli cui siamo ormai abituati: vegetazione folta e verdeggiante, affioramenti granitici sparsi, addirittura quasi colline tutto d’intorno. Su alcune svetta un masso in bilico, una croce o, in un caso, una piccola cappella in pietra.

Dopo non so quanta strada, ma sicuramente tanto tempo, ci ritroviamo nel solito sentiero che si inoltra nella brousse, tra alberi spettacolari, giganteschi baobab dai rami scheletrici e cespugli spinosi che graffiano le fiancate dell’auto. Ed ecco finalmente il pozzo di Nakom-Nabin!

Al momento non c’è nessuno, ma come potete immaginare è un attimo perché si popoli di bambini festosi, passanti curiosi e rappresentanti del villaggio. Circa 300 anime, servite da due pozzi a distanza di circa un chilometro in questo posto sperduto.

Facciamo girare la ruota della Volanta e l’acqua sgorga copiosa, per la nostra gioia. La gente è molto socievole, i bimbi timorosi ma curiosi; rileviamo la posizione e poi ci dedichiamo alle solite foto, strette di piccole mani nere e distribuzione caramelle.

Keepaalgo

La prima nuova proposta di perforazione non è tanto distante. Ci ritroviamo in un ambiente arido e brullo, pochi alberi ma in compenso tante sterpaglie dappertutto. Rileviamo le coordinate dei due punti individuati per la trivellazione, uno in seconda battuta in caso di esito negativo del primo. Intanto intorno a noi si è radunata della gente. Ce la portiamo dietro in processione fino al secondo punto di rilevamento, guidati da un membro del villaggio.

La popolazione è di circa 1.000 persone, in un insediamento recente che può contare su un solo pozzo a circa 5 chilometri da qui: decisamente possiamo dire che qui un pozzo ci sta bene.

Kugbiisi

La prossima tappa non è esattamente …prossima! Situata in tutt’altra zona, ci costringe a ritornare su una delle arterie principali (che ormai sapete riconoscere dal fondo sterrato di colore rossastro), e quindi deviare per lunghi tratti (ma soprattutto lunghi tempi…) su sentieri sconnessi e guadi di torrenti in secca (scendiamo per scattare la foto); finalmente siamo in vista di un piccolo agglomerato urbano con un mercato che costeggia la via.

Una breve sosta per consegnare un pacco di Ocades ai locali amici di Alexì. Uno di loro carica la bici nel cassone, sale in macchina con noi e ci accompagna fino ad una capanna. Scarico della bici, scambio di parole incomprensibili e cambio di cicerone: un nuovo “villico” sale sul sedile anteriore destro e ci scorta per uno stretto viottolo, tra rami protesi degli alberi ed arbusti spinosi.

Il terreno è decisamente più che accidentato: scavalchiamo dossi, superiamo cunette, zigzaghiamo tra gli arbusti, sobbalziamo sui sedili e scuotiamo la testa come quei cagnolini finti con lo snodo e il contrappeso (solo che noi la testa la sbattiamo in continuazione contro gli appositi sostegni!); finalmente l’auto si arresta.

Sono circa le due. Il sole è cocente; i locali (che non sono stupidi) se ne stanno sdraiati immobili sotto la fresca ombra dei giganteschi e spettacolari alberi di mango, o sotto le zone d’ombra che ornano i singoli nuclei abitativi. Ma noi no! Noi, incuranti della calura asfissiante e del sole a picco, marciamo imperterriti verso i due nuovi punti di perforazione segnalati. Il resto è routine: rilievo delle posizioni, dati tecnici (600 persone con un solo pozzo a 3 chilometri), verifica della posizione (vicino alla chiesa, ma ci sta se è il punto in cui con più probabilità si può trovare l’acqua).

Nel frattempo la gente ha lasciato l’ombra e ora ci circonda, ci saluta, ci ringrazia. Abbiamo insegnato ai bimbi a battere reciprocamente la mano destra sull’altra col palmo rivolto verso l’alto: non ce li leviamo più di torno! È una foresta di manine nere e sporche tese, a richiedere di essere schiaffeggiate…

Poi caramelle e foto, tante foto. Immancabili quelle con Rita che …ritira i polli! Due.

Ouadgin

La distanza? Poca.

Le difficoltà? Tante!

Riprendiamo il solito viottolo stretto tra i campi e le sterpaglie; ad un certo punto Marcel arresta l’auto, tira il freno a mano e scende.

Di fronte a noi la traccia sembra finire; sparisce sul bordo di un fosso in secca per ricomparire più in là, sull’altra sponda. Ce la faremo? Marcel decide di sì: risale in macchina e via! Noi ovviamente immortaliamo il tutto…

Risaliti al di là, raggiungiamo finalmente gli ultimi due punti segnati da rilevare. Il luogo è realmente arido e molto caldo (sarà l’ora…). I circa 700 abitanti del villaggio sono attualmente senza alcun approvvigionamento idrico nelle vicinanze. Questa sarà a breve la loro unica risorsa disponibile. Va bene, molto bene…

Purtroppo abbiamo finito le caramelle, e ci accontentiamo delle foto e delle risate gioiose dei bimbi nel rivedersi nei visori delle macchine digitali.

Stanchi ma soddisfatti, ci rimettiamo in marcia …con il miraggio dell’ormai consueto appuntamento con una gigantesca birra gelata.

Stavolta la sosta a Tenkodogo non tiene il confronto con il locale di ieri a Piutenga. Ma la birra disseta le nostre gole riarse e fa passare tutto il resto in secondo piano. Quattro paia di gambe distese sotto il tavolo, tra birre fresche (solo una in due per Massimo e Rita), quattro ormai amici che chiacchierano allegramente utilizzando almeno quattro lingue diverse; già, almeno: perché nei momenti di difficoltà c’è sempre l’universale linguaggio dei gesti, che soprattutto a noi italiani riesce così bene!

Arriviamo alla missione poco prima delle sei; anche oggi la giornata è stata piena… Doccia, cena, visita ai nostri amici Marisa e Gualtiero, poi a letto direte voi. No: per chiudere la giornata in bellezza, fino alle 11:30 a scrivere il diario delle nostre avventure!

7° giorno (venerdì 18)

Nella notte Rita si rigira tra le lenzuola umidicce, si alza per disperazione, va di là per controllare se Massimo dorme… Sembra di sì. Beato lui!

Nella notte (la stessa) Massimo si rigira tra le lenzuola bagnate, si alza per disperazione, va nell’altra stanza per controllare se Rita dorme… Sembra di sì. Beata lei!

Evidentemente non siamo sincronizzati nei nostri intervalli di dormiveglia. In compenso al mattino, al canto del gallo e di tutti gli altri mal… cioè, benedetti uccelli che hanno scelto la missione delle suore per dimorare (molto ma molto prima del suono della sveglia delle 6:30), ci arrendiamo e ci alziamo disperati e distrutti. La doccia fresca serve solo a riportarci leggermente in vita…

Ieri sera, al ritorno, abbiamo incontrato l’Abbè Barnabè rientrato dalla trasferta lavorativa, e ci siamo accordati per vederci stamane alle 7:00. Il valido motivo è riuscire a filmare finalmente l’acqua che sgorga dal pozzo in perforazione di Antemtenga, dove la trivella è già in posizione dal pomeriggio di ieri. Perciò oggi sveglia alle 6.00!

Il luogo (per fortuna!) è vicino, nell’immediata periferia di Koupela. Arriviamo che gli uomini di Ocades sono già in azione. Rita ha appena il tempo di fare una panoramica e poi puntare in direzione del castello di perforazione, che…

Eccolo lo spruzzo tanto atteso! Sotto l’azione dell’aria compressa insufflata all’interno della camicia di contenimento in plastica celeste, una colonna d’acqua frammentata si erge per una manciata di metri per poi ricadere in mille spruzzi vaporizzati verso terra e sugli umani sottostanti, richiamando in controluce tutti i colori dell’arcobaleno a festeggiare con noi l’evento.

[n.d.S. sto finendo di montare il video, e` bellissimo :) presto lo troverete online sul canale youtube di 12scatti! :D ]


E ovviamente siamo in buona compagnia di una piccola folla di adulti molto interessati e di bambini curiosi.

La portata rilevata è buona (oltre 1,80 mc/h), e a detta di Barnabè risulterà più vicina a 2,00 ad una più precisa misurazione, tolte le perdite inevitabili sul terreno nelle attuali condizioni di misura. L’acqua che sgorga disseterà una popolazione decentrata di circa 450 persone, parte di un agglomerato urbano molto più esteso, servito ad oggi da almeno altri due otre pozzi sparsi, di cui il più prossimo è a servizio esclusivo della scuola in costruzione a circa 7-800 metri. E poi qui intorno ci viene bene anche un orto…

E’ ora di pranzo. Barnabè ha un impegno alle nove; ci lascia all’amico Marcel che con molta gentilezza ci riporta dalle suore.

Prima di pranzo avremmo il tempo di fare un salto al mercato di Koupela (è da domenica che diciamo “ci andiamo”). Ma il caldo e la stanchezza hanno il sopravvento sui buoni propositi: ci riduciamo a scaricare filmato e foto ed aggiornare questo resoconto per i nostri lettori, crediamo (cosi dice Simona..) interessati.

Nel pomeriggio abbiamo appuntamento con Barnabè per fare il punto della situazione e un aggiornamento del saldo economico dei pozzi realizzati. Approfittiamo della disponibilità per inviare per mail l’aggiornamento delle nostre fatiche. Ci raggiunge anche Lucien, ed insieme concordiamo per una …cenetta intima per domani sera. Prima di lasciarci Barnabè ci esalta con la notizia sperata: la targa per Filippo è pronta! Ce la mostra orgoglioso; domani andremo insieme ad affiggerla con gli abitanti del villaggio. Dopo cena, l’ormai consueta puntatina da Marisa e Gualtiero, per un po’ di refrigerio (con l’aria condizionata), una birra e quattro chiacchiere in piacevole compagnia.

8° giorno (sabato 19)

7:30. Colazione veloce e via in macchina, col panino alla marmellata di mango ancora in mano.

Il tragitto è ormai noto. Approfittiamo per un’interessante ed illuminante scambio di opinioni con l’Abbè nostro cicerone in relazione ai criteri per l’individuazione delle località dove può essere opportuna la realizzazione dei pozzi, con una chek-list dei requisiti da verificare. Riteniamo opportuno inserire l’argomento nell’ordine del giorno della prossima riunione dei soci… Lungo la strada ci fermiamo a comprare un barattolino di vernice gialla. Vernice perché, con Stefano ieri al telefono, abbiamo convenuto sulla opportunità di aggiungere il nome di Filippo alla targa che riproduce il suo disegno; gialla perché …è l’unico colore che Barnabè ha rimediato!

E il pennello? Ci sono tanti zeppetti nella “brousse”… Il pozzo lo riconosciamo da lontano. Anche se la ruota è in movimento, sembra ci sia poca gente.

Ma è solo il sole: al nostro arrivo, come sempre succede, magicamente si materializzano figure da ogni dove, che fino ad ora cercavano refrigerio dietro cespugli, sotto zone d’ombra artificiali o improvvisate, sotto fluenti chiome di maestosi alberi di mango, dentro oscure capanne circolari di paglia e fango. E tra loro ovviamente bambini, tanti bambini.

Barnabè ha avvisato stavolta del nostro arrivo, per cui il Capo del Villaggio ci accoglie con un gran sorriso e già gli attrezzi del mestiere in mano: noi abbiamo i chiodi, lui porta il …”martello”. Rita posiziona la targa, l’Abbè Barnabè ne mette i punti e Massimo pianta i quattro chiodi con il “martello” (una specie di zappa rovesciata il cui occhiolo tondo non vuol saperne di far entrare diritto il chiodo). Poi, con la punta di un quinto chiodo intinta nella vernice gialla, proviamo una forte emozione nello scrivere il nome sul bordo bianco in basso: “Filippo”. Rita riprende la scena. La platea assiste, osserva, approva.

Sotto l’ombra di un albero spinoso ci fanno sedere su una panca, di fianco ai “saggi”e agli anziani; di fronte a noi il “Chief” del Villaggio, seduto a fianco a quella che diremmo essere la moglie, su sdraio realizzate con bastoncini intrecciati e legati insieme da cordami di pellame (supponiamo di capra). Dietro, la cornice degli abitanti del villaggio: donne con vestiti e copricapi dagli sgargianti colori della festa e bambini polverosi seduti in grembo o piegati a libretto dentro il pareo legato alle spalle delle madri, alcuni intenti a suggere con naturalezza il latte dalle mammelle troppo allungate e flosce. I più grandicelli sghignazzano seduti affiancati nella polvere gialla onnipresente.

Quando l’Abbè Barnabè ci presenta e spiega alla platea la ragione della targa, l’attenzione è al massimo e qualche testa annuisce in silenzio.

Il portavoce del villaggio ringrazia e, con la traduzione simultanea di Barnabè, ci spiega come la presenza del pozzo abbia influito fortemente sulla gestione ordinaria delle loro vite, aprendo nuove prospettive per la vita stessa del villaggio: non più interminabili quanto faticosi andirivieni al solo scopo di soddisfare le esigenze primarie. Ora la disponibilità di acqua potabile risveglia nuovi bisogni: vorrebbero realizzare un orto e ci chiedono di finanziarne la spesa per la recinzione (indispensabile contro le razzie degli animali domestici!). Barnabè approva, la richiesta è legittima, ma dovranno prima dimostrare l’impegno personale nella corretta gestione della nuova risorsa…

Poi canti in nostro onore (e in derisione del “parente in scherzo” Barnabè…), balli al ritmo di tamburi improvvisati, polvere sollevata dai piedi scalzi delle donne più o meno giovani che si dimenano alternandosi in coppia all’interno del cerchio di mani battute al ritmo delle danze tradizionali. Rita è tentata, si vede… ma stavolta resiste. Peccato…

[n.d.S. anche qui sto finendo di montare il video.. devo dire che le riprese sono meravigliose, donne che improvvisano musica e balli di ringraziamento. stupendo]

Cerchiamo di documentare tutto al meglio, come ci è stato richiesto. La distribuzione delle caramelle stavolta ha un sapore più dolce; sono i “bon-bon” di Filippo per quella moltitudine di piccoli amici di un altro colore e di un mondo lontano che certo avrebbe voluto conoscere, ma che ora conoscono lui. La strada del ritorno scorre ormai nota e perciò veloce. A Mogtedo non troviamo l’Abbè Jacob, in giro per le funzioni della Quaresima; gli lasciamo presso la parrocchia i due calendari Below.2011 che avevamo dimenticato di portargli qualche giorno addietro. Poi una deviazione su sterrati ormai familiari, per scattare foto ad un pozzo che Barnabè ha realizzato per altri e che occorreva documentare. Rientriamo ancora una volta da Puitenga, oltrepassata la quale ci reimmettiamo sulla “autostrada” che ci riporta a Koupela, in perfetto orario per il pranzo delle 12:30 con le suore.

Non ci crederete, ma il resto è finalmente svago! Due orette di riposo, doccia e poi Gualtiero ci accompagna orgoglioso a visitare il “suo” ospedale, le “sue” apparecchiature, i “suoi” piccoli e grandi pazienti che amorevolmente e con tanta dedizione cura fino al punto che questa realtà rende possibile. Sappiamo che l’aggettivo “suo” non rende bene, che probabilmente non si addice alla persona; ma noi lo intendiamo in senso positivo, riconoscendogli la paternità e l’anima di quella stupenda cosa che ha saputo creare, chiamata “Ospedali in Burkina”. Diremmo, forse azzardando, che Gualtiero sta a “Ospedali in Burkina” un po’ come il nostro “Presidentone” sta a “12.Scatti”.

Abbiamo ancora un po’ di tempo; perciò via con Marisa ad inoltrarci tra gli angusti passaggi del mercato ci Koupela. Colori e odori forti, un po’ di raccapriccio di fronte alle “macellerie” all’aperto, gente dappertutto. Qualcuno si mette in posa per essere fotografato; qualcun altro si irrita se gli punti l’obiettivo: è sempre opportuno chiedere, prima… Spendiamo migliaia (!) di franchi CFA per piccoli pezzi d’Africa da riportare indietro. Tra le gambe della gente, gli “spazzini” locali (chi ha già letto sa…) sono sempre impegnati con abnegazione nel loro lavoro.

Ore 19:00; puntuale spunta il Toyota di Barnabè. Ci avviamo al “punto di ristoro” (non sapremmo come chiamarlo altrimenti), non prima di aver agganciato Lucien che ci ha raggiunti apposta da Baskurè. Abbiamo la fortuna di incontrare Alexì che salutiamo con vero piacere. Ci sediamo all’esterno, sulla strada, al buio, due tavolini di metallo accoppiati e quattro sedie: quanto basta per consumare in piacevole compagnia una cena tipica locale, bagnata da una bella birra fresca, …una intera a testa…

9° giorno (domenica 20) – Il ritorno

E’ domenica. Le due notti precedenti ci sembrava di aver riposato un po’ meglio. Stanotte è riscoppiato il caldo… Intorno alle due e mezza del mattino ci ritroviamo entrambi un po’ discinti a cercare una boccata di refrigerio seduti sul portico all’aperto, sotto una velata luna piena. Alle sei, rassegnati, siamo già in piedi per le pulizie dell’ultimo giorno e per preparare i bagagli.

E’ già domenica. Quella dopo… Il tempo è già scaduto.

Siamo combattuti tra la speranza di poter trovare a Roma finalmente un po’ di riposo e il desiderio di prolungare all’infinito questa rinnovata toccante esperienza. Chi c’era sa… Prima di partire però un’ultima fatica: la festa di conferma dei voti perpetui di Suor “nonhocapitoilnome”. Alle nove, sotto un sole cocente, con Marisa e Gualtiero raggiungiamo puntuali la Cattedrale, dove tutto è pronto per il cerimoniale. La funzione è colorata e vivace, ma interminabile! Solo all’una circa ci ritroviamo nella sala adibita a refettorio, dove le suore fanno entrare tutto il ben di Dio che da ieri stanno febbrilmente preparando per l’occasione. Riconosciamo anche i polli che Rita ha ricevuto in dono: hanno preso un bel colorito…

C’è un sacco di gente! Riteniamo gente importante, dal Vescovo ai prelati tutti della zona, dalle suore di tutto il circondario e di tutte le congregazioni al Nabà di Antemtenga con figlia al seguito; c’è persino un’improbabile figlio di Al Capone, un bimbo di una decina d’anni vestito con un completo pateticamente abbondante di una sorta di raso lucido, con tanto di corpetto e cravatta. Di una seriosità disarmante, ci viene ad omaggiare tendendoci una manina da bimbo con fare da uomo… sul polsino della giacca fa bella mostra di sé la targhetta della sartoria… Impressionante!

Finalmente finisce… Siamo un po’ stanchi. Volentieri accettiamo l’invito per un caffè a casa …ormai sapete di chi. Ci resta molto difficile il distacco dai nostri amici Marisa e Gualtiero, ma ormai il tempo è scaduto. Il tempo di chiudere i bagagli e puntuale come un …Marcel, ecco che arriva Marcel. Carichiamo i bagagli sul cassone del Toyota, un bacio, anzi quattro (due per guancia, come si usa qui) a tutte le sorelle che riusciamo ad incontrare, e poi… partenza per Ouaga.

Lungo la strada ci viene da pensare che già domani rimpiangeremo questi luoghi. E, come dice giustamente Rita, non solo domani… A Koupela carichiamo Lucien che non ha voluto lasciarci partire senza accompagnarci; gli siamo molto riconoscenti per questo. In auto chiacchierate da vecchi amici, in un intreccio tra due o tre improbabili lingue. A Ouaga un salto veloce al Villaggio degli Artisti (bisogna tornarci, ma con più disponibilità di tempo), poi di corsa all’aeroporto. Vi risparmiamo la tristezza dei saluti, la fatica dei check-in e la difficoltà nei transiti attraverso i numerosi posti di controllo, fino all’imbarco… Ora siamo qui, un po’ mesti, che buttiamo giù le ultime righe di questo che doveva essere solo un asettico reportage di dati tecnici, ma che ci rendiamo conto ci ha via via sempre più preso la mano. Evidentemente non siamo poi ancora così “veterani”…

Se ci riusciamo, proveremo un po’ a dormire. E domani …si ricomincia.

Fine delle trasmissioni.

Rita e Massimo

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